mercoledì 8 aprile 2015

17 MAGGIO - LE FRESCHE VIE DELL'ACQUA - PORTOGRUARO



17 MAGGIO PORTOGRUARO  - LE FRESCHE VIE DELL'ACQUA


PORTOGRUARO
LE FRESCHE VIE DELL'ACQUA  E DELL'ANTICA QUERCIA

Caratteristiche idrogeologiche del territorio
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Il Lemene e il Reghena sono fiumi di risorgiva che nascono da un sbarramento argilloso profondo di antica formazione che intercetta le acque del sottostante bacino idrografico del Tagliamento. Infatti in quest’area domina idrologicamente il Tagliamento. Tant’è che nel passato, a causa del regime turbolento delle sue acque, occupò il loro alveo in più riprese , in modo continuativo tra il V e il IX sec. d.c.  ( seppellendo con i suoi detriti parte della città di Concordia Sagittaria) e poi saltuariamente durante le sue successive periodiche alluvioni ( l’ultima del 1851 ). Più precisamente, il fiume Lemene nasce a nord di Casarsa (Friuli) dalla confluenza di più corsi d’acqua che hanno diversi nomi. Infatti lungo la linea delle risorgive su terreni superficiali ghiaiosi-sabbiosi vi sono ampie zone palustri che alimentano diverse rogge appartenenti alla stessa asta fluviale del Lemene, che raggiunge una significativa portata solo con l’apporto del Venchiaredo a Stalis e del rio Roiale a Bagnara. I suoi maggiori affluenti sono la Roggia Versiola e, dopo Portogruaro, il fiume Reghena. Sfocia infine in mare nei pressi di Caorle.
La farnia di Villanova S. Antonio
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Al centro della località di Villanova Sant’Antonio, presso l’antica chiesa dedicata al santo omonimo, si erge una possente quercia secolare (alta 15 m e 7,40 m di circonferenza) dichiarata monumento naturalistico di interesse nazionale. L’età della gigantesca pianta viene stimata intorno ai cinque/sette secoli. L’albero riveste una notevole valenza naturalistica e paesaggistica essendo un solitario testimone dell’antica foresta che copriva in parte il nostro territorio; nello stesso tempo però assume anche un importante valore storico in quanto sotto alle sue fronde si riuniva la vicinia, il consiglio dei capifamiglia, una sorta di attuale Consiglio Comunale che deliberava sulle questioni relative alla comunità locale.
Gorgo
L’abitato di Gorgo è un suggestivo ed antico borgo rurale. Il toponimo si origina in epoca romana, quando il territorio era attraversato dalle impetuose acque di un ramo del Tagliamento attualmente scomparso. Siamo così entrati nel parco letterario descritto da Ippolito Nievo, nelle “ Le confessioni d'un italiano “ : Fratta e il suo castello (oggi solo rovine) si trovano nelle immediate vicinanze. Sempre nei pressi si può visitare l’edificio dedicato a Santa Cristina risalente al 1329. Questa “Chiesa”, circondata da un ultracentenario bosco di tigli, olmi, platani e robinie, in realtà non è mai stata consacrata. Oggi viene utilizzata per manifestazioni culturali di vario tipo.
Mulino di Boldara
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Il mulino di Boldara, in funzione fino agli anni sessanta,  sorgeva nel bel mezzo di una palude alimentata dalle acque del Lemene.  Il mulino era dotato di tre ruote che azionava una sega ed un follo per la battitura dei panni di lana.


Cordovado
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Cordovado è un antico borgo medievale annoverato tra i “Borghi più belli d’Italia”. Presenta un nucleo storico ben conservato con il castello (XI secolo) che il Patriarcato di Aquileia eresse per difendere il territorio dalle scorrerie degli Ungari sulle vestigia di un castrum romano posto a guardia di un guado della via Augusta su un ramo del Tagliamento. Notevoli anche le dimore gentilizie al suo interno, alcune risalenti al XIII e XIV secolo altre di origine settecentesca.
Fontana di Venchiaredo

Al confine con Sesto al Reghena, si trova la famosa fontana di Venchiaredo, circondata dagli alberi di un piccolo ma piacevole bosco. E’ parte del parco letterario che richiama i luoghi descritti da Ippolito Nievo ne "Le confessioni di un italiano":  “ v’è una grande e limpida fontana che ha anche voce di contenere nella sua acqua molte qualità refrigeranti e salutari. Ma la ninfa della fontana non credette fidarsi unicamente delle virtù dell’acqua per adescare i devoti e si è recinta d’un così bell’orizzonte di prati di boschi e di cielo, e d’una ombra così ospitale di ontani e saliceti che è in verità un recesso degno del pennello di Virgilio … “

Mulini di Stalis
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Nievo cap. V : “ Lucillo e la contessina Clara entrarono dunque nel mulino, ma non ci trovarono alcuno benché il fuoco scoppiettasse tuttavia in mezzo alle ceneri…La Clara arrossì tutta sotto gli sguardi del giovane. Era la prima volta che, in una stanza e alla piena del fuoco, riceveva nel cuore il loro muto linguaggio d’amore… “ 
E’ un complesso molitorio di origine medievale. Si tratta di due mulini sul fiume Lemene, il più antico è citato per la prima volta in documenti del 1432, mentre il più recente risale alla fine del XIX sec. Il complesso, che un tempo faceva girare anche sei ruote, era legato all'Abbazia di Sesto al Reghena e a Cordovado. Funzionavano al suo interno una macina da cereali, una sega da legname e pestelli per battere le fibre di lino. Il paesaggio, dominato dalla roggia con le sue acque cristalline e il fondo di ghiaia bianca e circondato da campi chiusi (gli alberi marcano i confini) tipici della tradizione friulana, è molto bello. Il mulino oggi è sede di una piccola esposizione museale di macchinari risalenti agli anni ’20.
Chiesetta campestre di San Pietro
Come i vicini Molini di Stalis, anche la Chiesetta campestre di San Pietro viene citata la prima volta in una Bolla papale del 1182 che sancisce l’autonomia dell’Abbazia di Santa Maria di Sesto dal Vescovo di Concordia, confermando i suoi possedimenti, tra i quali anche la nostra piccola Chiesetta.
Sesto al Reghena
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La città nasce nel 2 a.C. come mansio (stazione militare) o corte (avamposto di sorveglianza ) e viene chiamata Sextus poiché posta a sei miglia sulla via che da Iulia Concordia portava al passo Monte Croce carnico (Austria). L’Abbazia benedettina di Santa Maria di Sesto (detta anche “in Sylvis” perché a quel tempo immersa in una vasta foresta) che ora la domina fu fondata nel 730 da duchi longobardi che la donarono nel 762 ai Benedettini. Nell'899 gli ungari la distrussero, ma l'abbazia venne riedificata con possenti fortificazioni e una guarnigione militare nel X secolo.  Nel Medioevo la città visse un periodo di grande splendore con l'annessione dell'Abbazia e dei suoi territori nel dominio feudale del Patriarcato di Aquileia . Venezia invase militarmente il Friuli nel 1418, quando l’abazia era già in decadenza e, quando i benedettini se ne andarono, vi istituì la Commenda gestita da prelati del patriziato veneto residenti altrove.
Vi si accede passando sotto la torre Grimani (l’unica superstite delle sette che difendevano le mura) là dove fino al Settecento vi era il ponte levatoio. Di fronte s’innalza la torre campanaria, scandita da lesene, che è la trasformazione della massiccia torre vedetta. L’edificio in mattoni a sinistra è l’antica cancelleria abbaziale (ora scuola materna), sede della giurisdizione civile; a destra v’è la residenza degli abati (oggi sede municipale) d’impianto rinascimentale sulla cui facciata si conservano gli stemmi affrescati di quattro abati commendatari. L’Abbazia, che sostituì la chiesa primitiva posta nel suo lato sud, ha nella parte frontale un’originalissima loggetta che serviva da foresteria, un vestibolo completamente affrescato con opere rinascimentali quali il ciclo dantesco dell'Inferno e del Paradiso e quello di San Michele. Dal vestibolo si passa nell'atrio a tre navate di età romanica con affreschi del Duecento e poi alla solenne chiesa con affreschi di scuola giottesca e alla cripta con l’urna longobarda di S.Anastasia e il capolavoro marmoreo  dell’annunciazione.
Laghi di cinto
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A Cinto Caomaggiore il sottosuolo è attraversato da un ramo del Tagliamento che alimenta le diverse risorgive ed in particolare "i Laghi di Cinto", ex cave di ghiaia oggi allagate. Questi laghetti artificiali sono ricchi di fauna acquatica e fanno da tappa per molti volatili. Qui si trova l’Oasi Naturalistica Cà del Lago. Un sentiero costeggia il lago lungo tutto il suo perimetro e permette di immergersi in un ecosistema raro ed unico nel suo genere con presenze faunistiche (Lana di lataste ) e floreali (L’Anemone Bianca, il Salice, l’Acero Campestre, l’Ontano Nero….) particolari .

Summaga
L'origine di Summaga, datata X-XI secolo è dovuta alla fondazione di un monastero costruito dai Vescovi della vicina Concordia. Del monastero non vi sono più tracce ad eccezione dell'Abbazia di Santa Maria Maggiore, ricca di affreschi e opere d'arte. Dal 1444 non è più attestata la presenza di monaci benedettini, per cui l'ingente patrimonio fondiario fu gestito, come a Sesto, da vari abati commendatari di famiglie veneziane.
Concordia Sagittaria
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Il sito mostra tracce di frequentazione fin dal X secolo a.C. . Ma la città di Iulia Concordia (“Sagittaria” è solo un’aggiunta del secolo scorso per ricordare la fabbrica di frecce) fu fondata dai Romani solo nel 42 a.C. circa in una ragione dove da secoli era già in atto la penetrazione romana. I romani così vollero dare una sistemazione ai veterani delle guerre e creare un baluardo difensivo sul confine orientale, all’incrocio di due strade importanti come la via Annia e la via Postumia (Nella piazza davanti alla Cattedrale è stato recentemente portato in luce un tratto di strada romana che usciva dalla porta orientale e conduceva in Via Annia ). Concordia fu coinvolta, a partire dal III secolo d.C., nelle guerre per contrastare le sempre più frequenti e rovinose invasioni barbariche. Il Cristianesimo si diffuse gradatamente a Concordia, favorito dai frequenti contatti con l’Oriente dovuti all’attività commerciale e agli spostamenti delle truppe militari. La ricchezza della vita culturale e religiosa dei primi secoli del Cristianesimo (sede vescovile dipendente dal Patriarcato di Aquileia dal 389 d.C.)  dà credibilità storica alla tradizione dei 72 martiri concordiesi uccisi durante la persecuzione di Diocleziano del 304 d.C. . Alla metà del V sec. d.C. gli Unni di Attila, dopo aver distrutto Aquileia, posero l’assedio a Concordia e la rasero al suolo. L’eredità di Concordia venne quindi raccolta dalla Chiesa che divenne la sola istituzione capace di mantenne viva l’identità storico - culturale di Concordia, anche nelle drammatiche vicende delle invasioni barbariche.
I resti attuali più importanti si trovano nella Piazza della Cattedrale di Santo Stefano. Si tratta di un complesso di monumenti che comprende a destra due sepolcreti pagani a tre nicchie ciascuno con davanti uno dei più antichi monumenti cristiani del Veneto una trichora, edificio a tre absidi, eretto originariamente all’inizio del IV sec. d.C. per onorare le reliquie di martiri e poi divenuto, con l’aggiunta di un avancorpo a tre navate, una piccola basilica. A questa prima chiesa altomedievale si sostituì alla fine del IV sec. una più grande Basilica
utilizzata fino alla seconda metà del VI sec. d.C.. Fu distrutta da un incendio e sulle sue macerie si depositarono circa 2 metri di sabbia portata da varie alluvioni, sopra cui alla fine del X sec. sorse l’attuale 
Cattedrale. L’edificio è costituito da tre navate con colonne romane in marmo e ha un abside decorata a mosaico policromo di finissima fattura. Sul suo fianco settentrionale nel 1168 fu costruito il bellissimo Battistero che fu affrescato con figure di santi e storie della Bibbia. 
 

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